Roma - Verona: tra solidità difensiva e blackout offensivo

La Roma supera il Verona con il minimo scarto, in una partita che conferma la solidità difensiva dei giallorossi ma lascia aperti molti interrogativi sulla produzione offensiva e sulla qualità del gioco espresso. A pochi turni dalla fine, con la corsa Champions più viva che mai, la squadra di Ranieri si affida ancora una volta alla concretezza, ma il calo di brillantezza e di occasioni create è ormai un dato strutturale. Analizziamo in profondità i numeri, le fasi tattiche e le tendenze emerse dal match dell’Olimpico.
Primo tempo: controllo territoriale e supremazia sterile
L’avvio della Roma è tambureggiante, con una pressione alta che mette in difficoltà la costruzione bassa del Verona. La squadra di Ranieri parte con il baricentro alto, cercando di consolidare il possesso nella metà campo avversaria e di sfruttare le catene laterali, dove Soulé a destra e Baldanzi a sinistra provano a creare superiorità numerica. La scelta di schierare la difesa a quattro per la seconda volta consecutiva rappresenta una novità rispetto alla consuetudine stagionale, ma la struttura della squadra resta compatta, con Cristante e Koné a schermare la mediana e a supportare la fase di pressione.
Il dato del Field Tilt (53% Roma, 47% Verona) fotografa una supremazia territoriale giallorossa, soprattutto nella prima frazione, quando la Roma mantiene il pallone stabilmente nella metà campo avversaria. Tuttavia, questa superiorità non si traduce in occasioni limpide: la produzione offensiva resta modesta, con pochi tiri (appena 6 in tutta la partita, seconda peggior prestazione stagionale) e una pericolosità residua molto bassa se si esclude il gol di Shomurodov (0.05 xG senza la rete).
Il Verona, dal canto suo, adotta un atteggiamento attendista, chiudendo le linee di passaggio centrali e costringendo la Roma a sviluppare il gioco sugli esterni. I centrali difensivi giallorossi, Mancini e Ndicka, hanno spesso spazio per impostare, ma la manovra si fa prevedibile e la squadra fatica a trovare sbocchi centrali. Il primo tempo si chiude così con una Roma padrona del campo ma incapace di accelerare e di creare continuità offensiva.
La svolta del secondo tempo: Verona più aggressivo, Roma in calo
Il copione cambia nella ripresa. Il Verona alza il pressing, aumenta l’intensità e costringe la Roma ad abbassarsi progressivamente. I dati del PPDA (Passes Per Defensive Action) raccontano bene questa inversione di tendenza: la Roma parte con valori in linea con la propria media stagionale, ma cala vistosamente nella seconda metà, mentre il Verona pressa sempre più alto, soprattutto nell’ultimo quarto d’ora.
Il dominio territoriale si ribalta: nell’ultimo segmento di gara, l’Hellas tocca l’85% di Field Tilt, segno di una pressione costante nella metà campo romanista e di una Roma incapace di risalire il campo con continuità. La squadra di Ranieri si rifugia in un blocco medio-basso, cercando di difendere il vantaggio più con il posizionamento che con l’aggressività nei duelli. Il dato dei tackle riusciti (solo 4 su 10 tentati) conferma questa tendenza: la Roma preferisce difendere di reparto, lasciando l’iniziativa agli avversari e limitando gli interventi diretti.
La produzione offensiva: crisi di idee e di tiri
Il dato più preoccupante per la Roma riguarda la produzione offensiva. I giallorossi chiudono con appena 6 tiri, eguagliando le prestazioni più povere della stagione (Napoli-Roma e Como-Roma). In tutte le altre occasioni in cui la squadra aveva tirato così poco, aveva raccolto solo un punto e nessun gol, eccezion fatta per il derby d’andata.
Nonostante il numero esiguo di conclusioni, la qualità media dei tiri romanisti è stata elevata (0.24 xG per tiro), grazie soprattutto alla posizione ravvicinata del gol di Shomurodov, nato da una bella iniziativa di Soulé che scarta il difensore e mette davanti la porta il compagno. Tuttavia, se si esclude questa occasione, la pericolosità residua è praticamente nulla (0.05 xG), addirittura inferiore a quella del Verona.
La crisi creativa è certificata anche dal dato sulle Shot-Creating Actions (SCA), con la Roma che registra la quarta peggior prestazione stagionale. A pesare sono anche i numerosi palloni persi sotto pressione (terza peggior partita per “dispossessed”) e la scarsa efficacia nei dribbling (appena il 22% riusciti, con Shomurodov che fallisce tutti i 5 tentativi).
La fase difensiva: controllo posizionale e pochi rischi
Se la produzione offensiva è stata carente, la fase difensiva della Roma ha funzionato con ordine e pragmatismo. La squadra di Ranieri ha concesso poco, limitando il Verona a conclusioni da posizione sfavorevole (0.5 xG totali, 0.06 di pericolosità media per tiro). L’approccio difensivo resta fedele alla filosofia di Ranieri: blocco compatto, linee strette, aggressività solo quando l’avversario supera la metà campo.
Il dato sui duelli aerei vinti (17 per parte) conferma l’equilibrio nei contrasti diretti e la capacità della Roma di reggere l’urto fisico del Verona, che ha cercato spesso la verticalità e i lanci lunghi per Sarr e Mosquera. La squadra giallorossa ha inoltre commesso pochissimi falli (5 contro i 17 del Verona), segno di una difesa più posizionale che reattiva e di una gestione matura delle situazioni di pericolo.
La gestione del vantaggio: tra pragmatismo e rischio
Dopo il gol di Shomurodov, la Roma si affida alla gestione del risultato, abbassando il ritmo e cercando di controllare il possesso senza esporsi troppo. Questa scelta, però, comporta un progressivo abbassamento del baricentro e una perdita di iniziativa, che permette al Verona di guadagnare metri e di schiacciare i giallorossi nella propria metà campo nell’ultimo quarto d’ora.
Il finale di gara è emblematico: la Roma si limita a difendere il vantaggio, senza riuscire più a ripartire con efficacia e senza creare occasioni per chiudere la partita. Il rischio di subire il pareggio resta concreto fino all’ultimo, ma la solidità difensiva e la sterilità offensiva del Verona permettono a Ranieri di portare a casa tre punti preziosi, seppur senza brillare.
Il Verona: aggressività e limiti strutturali
L’Hellas conferma la propria identità di squadra più fallosa della Serie A, come già evidenziato nelle analisi pre-partita. I 17 falli commessi sono il sintomo di una strategia difensiva aggressiva, volta a spezzare il ritmo e a limitare le transizioni della Roma. Tuttavia, la scarsa efficacia nei tackle e la difficoltà a contenere gli 1 contro 1 costringono spesso i gialloblù al fallo tattico.
In fase offensiva, il Verona si affida soprattutto alle ripartenze e alla ricerca della profondità, ma la qualità delle occasioni create resta molto bassa. L’unica vera palla gol nasce da un inserimento di Sarr, che però spreca davanti a Svilar, complice anche una posizione di fuorigioco. La squadra di Zanetti fatica a trovare sbocchi centrali e si affida troppo spesso a soluzioni individuali o a cross dalla trequarti, facilmente gestiti dalla retroguardia romanista.
Soulé e la ricerca di un leader tecnico
In un contesto di generale difficoltà offensiva, spicca la crescita di Soulé, sempre più centrale nel gioco della Roma e spesso chiamato a caricarsi la squadra sulle spalle. L’argentino è l’unico a tentare con continuità la giocata individuale e a cercare la profondità, sia in combinazione con Shomurodov che con Baldanzi. Tuttavia, la mancanza di alternative di qualità e l’assenza di Dybala si fanno sentire: la Roma fatica a trovare soluzioni offensive efficaci quando Soulé viene raddoppiato o isolato.
Tendenze stagionali: calo di brillantezza e segnali d’allarme
La vittoria contro il Verona si inserisce in una tendenza ormai evidente: la Roma fatica sempre di più a produrre occasioni e a mantenere alta l’intensità offensiva per tutta la partita. Negli ultimi match contro Juventus, Lazio e Verona, il numero di tiri è in costante calo, così come la qualità delle azioni costruite. La squadra di Ranieri sembra aver perso quella brillantezza che aveva caratterizzato la fase centrale della stagione, affidandosi ora soprattutto alla solidità difensiva e alla gestione del risultato.
Il dato sugli expected goals (1.2 xG, di cui 0.99 generati dal gol) conferma che la Roma crea poco e segna quasi esclusivamente grazie a episodi o a giocate individuali. In assenza di Dybala, la manovra si fa prevedibile e la squadra fatica a trovare alternative credibili in fase di rifinitura.
Conclusioni: controllo, ma non dominio
La Roma esce dal confronto con il Verona con tre punti fondamentali nella corsa europea, ma la prestazione lascia più ombre che luci. La squadra di Ranieri controlla il gioco per lunghi tratti, domina territorialmente nel primo tempo e gestisce con ordine la fase difensiva, ma non riesce mai a imporre un vero dominio né a chiudere la partita con sicurezza. La produzione offensiva resta il grande punto interrogativo di questo finale di stagione: pochi tiri, poche idee, poca brillantezza.
Il Verona conferma i propri limiti strutturali, affidandosi a un’aggressività spesso eccessiva e a una fase offensiva sterile. La Roma, invece, dovrà ritrovare rapidamente smalto e soluzioni offensive, perché il calendario si fa ora durissimo e la corsa Champions non ammette più passi falsi. La solidità difensiva è un punto di forza, ma senza un salto di qualità nella produzione offensiva, il rischio di rimanere fuori dalle prime quattro resta concreto.
In sintesi: la Roma vince senza convincere, controlla ma non domina, e si affida alla concretezza in attesa di ritrovare la brillantezza perduta. La corsa europea entra ora nel vivo, e servirà molto di più per centrare l’obiettivo Champions.